Da Scardovari all’Accademia, l’Acquacoltura ha bisogno di Ricercatori

Acquacoltura Giovane

Se alle 4 di notte punti la sveglia per andare a pescare con papà, allevatore di molluschi e pescatore nella zona di Porto Tolle, «Scardovari per l’esattezza», da dove arriva la famosa Cozza Dop, è quasi inevitabile che la passione si trasformi in lavoro. È quello che è successo ad Alessia Vetri, 30 anni, attualmente borsista all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. «Mi occupo di monitorare i fenomeni di mortalità anomala nei molluschi; in particolare ostriche, mitili e vongole veraci. Qui arrivano campioni da tutta Italia. Siamo il Centro di Referenza Nazionale per la diagnosi delle patologie dei molluschi. Detto diversamente, attraverso delle analisi batteriologiche, istologiche e di biologia molecolare indaghiamo le cause di episodi di mortalità anomala in molluschi bivalvi allevati», precisa la giovane ricercatrice.

Nel suo percorso formativo, oltre all’esperienza sul campo in famiglia, il liceo classico, la facoltà di Biologia e un primo tirocinio allo Zooprofilattico nel 2017 poco prima della laurea in Biologia Marina. Curriculum che aiuta a far chiarezza sul tema dello stato di salute delle specie allevate: «Attualmente, a causa del cambiamento climatico, soprattutto nel periodo estivo, si verificano sbalzi di temperatura, salinità dell’acqua e altri eventi ambientali come le forti piogge che nel 90% dei casi rappresentano la prima minaccia all’acquacoltura», afferma Vetri.

Un impatto che rischia di azzoppare un comparto a forte connotazione sostenibile: «L’attenzione all’ambiente è un valore condiviso. Così come è condivisa la certezza che, da un punto di vista alimentare, per il futuro, l’acquacoltura sia una pratica necessaria, oltre che sicura: per l’allevamento di molluschi bivalvi in mare ed in laguna non si utilizzano antibiotici. Già oggi, per esempio, senza l’allevamento non potremmo consumare molte specie al ritmo in cui lo stiamo facendo. Rimangono ancora delle nicchie dei molluschi come le capesante, i fasolari e i lupini che vengono pescate, ma la produzione si sta concentrando su altre specie. Oltre all’acquacoltura, anche la pesca professionale con reti da posta, come quella praticata da mio padre, è da considerarsi sostenibile per il suo basso impatto ambientale. Tuttavia, non essendo in grado di concorrere con metodologie di pesca di tipo intensivo, si tratta di una realtà che purtroppo è destinata a scomparire», ammette Vetri.

La filiera ha sempre più bisogno anche di personale specializzato e altamente formato per sostenere le complessità crescenti. A patto che le aziende sappiano sfruttarne a pieno le competenze: «C’è molto più spazio per una carriera dal punto di vista accademico che professionale. In Italia ci sono varie facoltà di Biologia Marina con diverse eccellenze. Nel mondo del lavoro le cose sono un po’ diverse. Da un lato, i biologi sono ancora poco “conosciuti” nel settore pubblico, dall’altro lato, per quanto riguarda il settore della molluschicoltura, le aziende in Italia non hanno ancora i volumi e le strutture necessarie per dare spazio a questa figura», conclude la ricercatrice.

Foto Copertina @Alessia Vetri

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