Storionicoltura e Conservazione

di Paolo Bronzi

Verona – 8 novembre 2023 – Storionicoltura e Conservazione

L’acquacoltura è una pratica antichissima, come dimostrato dalle peschiere dei romani e dai manuali cinesi di migliaia di anni fa. La storionicoltura è tuttavia relativamente recente, e in particolare nel nostro paese data i suoi inizi agli anni ottanta. E’ quindi cresciuta rapidamente, portando il nostro paese ad essere il sesto al mondo come produzione di carne e il terzo nella produzione di caviale nel 2022 (dato aggiornato).

L’allevamento dello storione ha avuto particolare successo soprattutto per la produzione del caviale, la cui domanda internazionale è cresciuta a fronte di una drastica riduzione delle popolazioni naturali sopraffatte dalla pesca eccessiva e da altre attività dell’uomo. La maggior parte del caviale in commercio è oggi proveniente da animali allevati e non più da soggetti selvatici pescati in natura, anche se con circa 750 tonnellate globali nel 2022 si è ancora lontani dalle quasi 3500 tonnellate della metà degli anni ottanta provenienti da animali pescati.

La storionicoltura però può anche restituire un favore alle popolazioni naturali che le hanno preparato il mercato e lo hanno sostenuto fino alla loro quasi scomparsa. Si possono infatti condurre interventi di recupero faunistico e di reintroduzione di queste specie grazie ad azioni di ripopolamento possibili solo grazie alla disponibilità di soggetti idonei provenienti dagli impianti di produzione.

Nel nostro paese vi è già un importante esempio di successo ottenuto con lo storione cobice, l’Acipenser naccarii, che è oggi di nuovo, anche se limitatamente, presente nelle acque del bacino del Po e di altri fiumi che si versano nel nord dell’Adriatico grazie proprio a semine di soggetti avvenute nei 35 anni scorsi riprodotti presso un allevamento privato.

La produzione di soggetti da semina idonei deve però seguire alcune indicazioni di base, come l’adozione di un “breeding plan”, cioè di uno schema di incrocio fra i riproduttori disponibili teso a mantenere la maggiore biodiversità possibile. Infatti, se in allevamento per la produzione da mercato la scelta dei riproduttori segue la logica di ottenere un prodotto uniforme, dalle caratteristiche zootecniche comuni, adatto alle specifiche condizioni di allevamento, veloce ed uniforme nella crescita, efficace nella conversione del cibo, resistente alle patologie, di forma idonea al consumo finale, la scelta di quelli per la conservazione tende invece a massimizzare la biodiversità, con incroci fra i soggetti più diversi geneticamente per consentire la massima potenzialità alla adattabilità all’ambiente naturale. Non vi è interesse nei parametri zootecnici e commerciali, ma nella robustezza e nella rusticità dei soggetti che saranno rilasciati.

Questa scelta sembra del tutto contraria agli interessi degli allevatori, ma non è così. Infatti un “rinsanguamento” delle popolazioni in allevamento con una certa diversità genetica fra di loro, se da un lato potrebbe ridurre la costanza di alcuni parametri zootecnici utili, dall’altro aumenta le potenzialità di adattamento e di sopravvivenza nel caso di eventi che potrebbero decimare una popolazione monotona se selezionata su una particolare caratteristica.

Non dimentichiamo il riscaldamento globale che è già un fattore di pressione sull’adattabilità degli animali.

Sono quindi gli allevatori di storioni i principali attori che possono salvare queste specie dall’estinzione, ricavandone anche un beneficio zootecnico. Allo stato attuale, infatti, solo loro possiedono l’essenziale patrimonio dei riproduttori; hanno le avannotterie e le strutture per l’allevamento già in costante attività; hanno le competenze, le maestranze e la conoscenza delle tecniche che da anni affinano nei loro impianti. Chi quindi meglio di loro, in un contesto di collaborazione reciproca con organismi centrali di coordinamento, possono essere gli attori principali nella produzione di soggetti da ripopolamento? Certamente vanno adottati protocolli diversi nelle varie fasi operative, secondo le linee guida di quella pratica chiamata “conservazione ex situ” che sono in corso di aggiornamento e per le quali dovrebbero dedicare una parte aggiuntiva del loro tempo e del loro impianto. Per questo quelli che vorranno collaborare dovranno essere ricompensati, sia economicamente, sia nell’immagine, come collaboratori essenziali per il recupero di specie a forte rischio di estinzione, come lo sono, purtroppo, gli storioni.

Foto Copertina @API

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