La regia dell’acqua: l’esperienza del lavoro di Giuseppe Carrieri per API

Acquacoltura Giovane

La regia del docufilm di recente produzione dal titolo “Coltivare l’acqua: API, una storia italiana nel tempo” è stata affidata al trentottenne autore di origini napoletane, Giuseppe Carrieri, da sempre attivo sul fronte documentaristico e docente del Laboratorio Avanzato di Regia Cinematografia presso l’università IULM di Milano.

Giuseppe Carrieri
Giuseppe Carrieri

Carrieri ha da sempre una vocazione al ritratto filmico, nella costituzione di quelli che lui definisce “personaggi – paesaggi“. In tal senso ha colto l’occasione della collaborazione con API per definire una strategia di comunicazione fortemente incentrata, non tanto e solo sulla narrazione dell’acquacoltura come attività professionale e tecnica, quanto piuttosto come grande “panorama di volti e storie“.

“Ho da subito pensato che il racconto degli allevamenti ittici, tra mare e corsi d’acque dolci, concentrasse il suo significato principale nella forza di condivisione che i suoi interpreti, attraverso fatiche e aspirazioni, possono trasmettere”, dichiara Carrieri in merito alla focalizzazione data al film. “Quando incontri figure come Pietro Bettinazzi, 25 anni, erede di una lunga tradizione familiare di storionicultura, comprendi subito che questo mestiere ha la sua forza dirompente nell’emozione del fare, del vivere, del sapere aspettare. E quando ho visto Pietro accarezzare i pesci che ha nelle sue vasche, che hanno la sua stessa età, ho compreso che c’è un legame più forte che a volte si omette di trasmettere e che, invece, in fondo è l’unica cosa che conta” aggiunge il regista commentando uno degli incontri avuti per le riprese filmiche che hanno visto coinvolti anche altri professionisti del settore.

Lo sforzo ulteriore e necessario indicato dall’autore napoletano è stato quello di seguire, da vicino, il movimento silenzioso della professione, lasciando che però essa filtrasse in primis attraverso la luce della passione, il vero valore aggiunto di ogni attività. Tutto questo, però, sempre nella volontà del regista, ha seguito la forte declinazione parallela e simultanea della cornice paesaggistica, grazie alla quale si può comprendere sia lo spazio d’azione dell’acquacoltura sia la grande proiezione benefica sul futuro che questi “campi” hanno per l’intero paese e per l’ambiente che li circonda.

Girare un docufilm come questo vuol dire, innanzitutto, immergersi. E questa, conclude Carrieri, è stata l’unica vera chiave indispensabile per poter mostrare agli spettatori non tanto i segreti e i codici della professione, ma la sua grande e profonda natura umana, che collima con la vita, oltre le distanze e gli stereotipi. 

Foto Copertina @API

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