Ossigeno, la molecola della sostenibilità in acquacoltura

Acquacoltura Giovane

L’acquacoltura si regge su sottili equilibri che, spesso, vengono messi in secondo piano rispetto al risultato finale, ossia produttività e sostenibilità. Eppure, per fare la differenza basta una singola molecola composta da due atomi. Parliamo dell’ossigeno: elemento essenziale per l’accrescimento e il benessere un corretto sviluppo delle specie allevate, materia prima sempre più ricercata sul mercato (dove sta prendendo piede anche la versione green, realizzata a partire da fonti energetiche rinnovabili) e precursore fondamentale per la qualità del prodotto finale. A rifornire le imprese dell’acquacoltura ci pensa Linde Gas, multinazionale associata API, presente in più di 100 Paesi al mondo, Italia compresa, con quartier generale ad Arluno (MI). Il core business è rappresentato dalla produzione di gas tecnici (oltre all’ossigeno anche argon, azoto, anidride carbonica e gas rari) destinati al settore manifatturiero, al settore medicale e all’agroalimentare. «Per quanto riguarda quest’ultimo comparto, riforniamo una vasta gamma di aziende: da quelle che si occupano di surgelazione dei prodotti alimentari a quelle impegnate nel confezionamento di referenze in atmosfera protettiva, arrivando poi all’ossigeno per l’allevamento ittico», spiega Marco Buzzetti, 32 anni, bergamasco, studi universitari in Scienze e tecnologie alimentari alle spalle e attualmente impiegato come tecnologo specializzato nell’applicazione dei gas tecnici al settore della produzione alimentare e ittica.

Ma perché, effettivamente, si fa ricorso all’ossigeno nell’allevamento ittico? «Partiamo da un presupposto che è giusto non dare per scontato: anche i pesci respirano. Sembra banale dirlo – afferma Buzzetti – ma questa è una funzione basilare per la buona crescita di qualsiasi specie. Per questo, in un ambiente come quello delle vasche di allevamento, dove lo scambio naturale di ossigeno fra acqua e atmosfera è limitato o comunque troppo lento, gli allevatori fanno ricorso a diversi metodi di ossigenazione, che hanno lo molteplici obiettivi: garantire il giusto benessere ambientale ai pesci e favorire una crescita sostenibile e quanto più vicina possibile a quella che si avrebbe in natura». I livelli di ossigeno presenti nell’acqua, infatti, hanno un diretto impatto sul processo di accrescimento dei pesci. Più precisamente, agendo sulla conversione degli alimenti in massa corporea. «Semplificando – spiega Buzzetti – il pesce che vive in un ambiente ben ossigenato ha un maggiore appetito e quindi è spinto a incamerare maggiori metabolizza meglio i nutrienti. In condizioni ottimali, la conversione di un kg di mangime è pari a un kg di prodotto finito, se non addirittura superiore, grazie ai nutrienti naturalmente presenti nell’ambiente di allevamento, che rappresentano un’ulteriore fonte di sostentamento per il pesce stesso». Caratteristiche che, di conseguenza, incidono anche sulla qualità finale delle carni.

Non sorprende, quindi, che questa molecola, commercializzata in forma liquida, sia molto richiesta. Tanto da essere considerata una delle voci di costo primarie, al pari del mangime, degli avannotti e dell’energia, nel momento in cui si analizza il bilancio di un’azienda di acquacoltura. «Possono esserci differenze di utilizzo in base alle specie, per esempio lo storione è un pesce che, morfologicamente, predilige un contenuto più basso di ossigeno rispetto alla trota o al salmerino, ma è indubbio che l’ossigeno sia un elemento fondamentale per un corretto processo di crescita e, di conseguenza, per la corretta conduzione di un impianto di allevamento», aggiunge Buzzetti. Non solo negli impianti a terra, ma anche in quelli off-shore. «Sebbene siamo ancora in fase preliminare, stiamo realizzando i primi test per capire se anche in mare l’ossigenazione possa essere un valore aggiunto sostenibile per migliorare salute e benessere e di conseguenza le performances zootecniche la produzione, soprattutto nei mesi estivi più caldi quando, per una questione meramente fisica, i livelli di ossigeno disciolto nell’acqua sono più bassi. I nostri colleghi norvegesi già lo fanno, perché noi non potremmo?», rivela Buzzetti. Sulla carta, la risposta è positiva ma bisogna tenere conto della logistica e dell’operatività di questa operazione al fine di trovare il giusto equilibrio fra costi e ricavi.

D’altronde, con l’attuale contesto macroeconomico caratterizzato da una forte inflazione delle materie prime, anche una singola molecola come l’ossigeno ha il suo peso. Per questo, Linde Gas ha pensato di offrire ai propri clienti anche un’alternativa green: «Si tratta di ossigeno ottenuto utilizzando energia originata da fonti rinnovabili. Si tratta di un’opzione che il cliente è libero di scegliere – sia per una questione di politica aziendale o che per il rispetto di certi standard di certificazione – perché al momento costa leggermente di più rispetto al prodotto “standard”. Ma con quel sovrapprezzo si investe direttamente in sostenibilità», conclude Buzzetti.

Foto Copertina @Marco Buzzetti

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