Dalla Toscana a Los Angeles, l’acquacoltura dal territorio all’export

Acquacoltura Italiana – Dal Territorio alla Tradizione Gastronomica

Da Acquacoltura Orbetello a un ristorante nei dintorni di Los Angeles. Seduto a un tavolo ad aspettare la sua spigola, Harrison Ford. Cliente abituale del locale proprio per la sua proposta di pesce di qualità Made in Italy. Talmente tanto da … andare a lamentarsi con lo chef. Il motivo? «Per la fretta il nostro corriere aveva consegnato una partita di spigole di taglie non omogenee. Una di queste più piccole era finita nel piatto dell’attore che se n’è accorto: “Questa non è grande come quella che avete servito all’altro tavolo”. Ne voleva di più da quanto gli piaceva», racconta Marco Gilmozzi, past president dell’Associazione Europea di acquacoltori Feap e vicepresidente API, una vita spesa sulla costa toscana.

Basterebbe questo aneddoto per far capire la storia di eccellenza che si è sviluppata sulla costa tirrenica. Qui, sia a mare che a riva, si allevano spigole, orate e qualche ombrina. Soprattutto per quanto riguarda gli impianti sulla terraferma, si tratta di una tradizione che risale agli antichi romani. Furono loro i primi a utilizzare l’acqua salata calda (22-23°) che origina dal sottosuolo come habitat per la pesca. Il vero boom, però, è arrivato negli anni ’70 sulla scorta dello sviluppo che arrivava dal Nord Italia e dalla Francia, soprattutto per quanto riguarda le tecniche di riproduzione artificiale. Questo ha dato impulso all’attività sulla costa. Mentre in parallelo è cresciuto anche il settore dell’acquacoltura di mare. «Oggi la Toscana si sta rivelando come il centro di eccellenza dell’acquacoltura italiana. La maggior parte della produzione nazionale di maricoltura si realizza qui. A Orbetello ci sono 4 siti di produzione intorno a 2.700 ettari di laguna, inoltre Castiglion della Pescaia di Fornaciari e poi baia di Piombino e Follonica, dove negli ultimi 10 anni sono stati realizzati molti impianti a mare», precisa Gilmozzi. In totale, si parla del 35% della produzione nazionale di spigola e orata, che in Italia raggiunge le 17mila tonnellate.

A garantire la qualità del prodotto, una filiera controllata che presta molta attenzione al benessere animale e alla sicurezza alimentare (ad Orbetello vengono controllati 70 parametri prima di entrare in commercializzazione). A caratterizzare i nostri prodotti, «l’alto contenuto di Omega 3, molto vicino a un prodotto selvatico», sottolinea Gilmozzi. In particolare, la spigola è molto apprezzata per la sua carne corposa e per il suo sapore essendo ricca di proteine, potassio, fosforo, ferro e una buona dose di vitamine del gruppo B e di altre vitamine come D, A, C ed E. L’orata è particolarmente consigliata dai nutrizionisti ai bambini in fase di crescita, agli adolescenti in periodo di sviluppo, alle donne in menopausa, agli individui in terza età e ai pazienti in convalescenza. Questo pesce è infatti molto ricco di proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine del gruppo B e Omega 3. È altresì povero di grassi, di calorie e facile da digerire. Infine L’ombrina è un pesce dalle carni molto apprezzate: cruda ha una buona consistenza e un sapore delicato, cotta ha un aroma più intenso. Apporta alla dieta amminoacidi, lipidi essenziali, sali minerali e vitamine PP, B3 e D. È consigliata per la sua alta digeribilità e per il suo ridotto apporto energetico.

Qualità apprezzate anche all’estero: «Da 10 anni Acquacoltura Orbetello esporta regolarmente verso Hong Kong e Macao, anche nel giro di 36 ore dalla pesca«, afferma Gilmozzi. Non a caso, proprio dall’Estremo Oriente è partita la collaborazione con un importante ente di certificazione di prodotti ittici. «Ricevetti una chiamata, era il responsabile: “Sono in un supermercato a Hong Kong e ho qui davanti la tua spigola……dobbiamo lavorare insieme!”», racconta il vicepresidente API.

Per il mercato nazionale è la GDO che fa da padrona definendo anche le taglie: da una media di 5-800 grammi a un massimo di 2,5-3 Kg per la spigola e da una media di 5-800 grammi a un massimo di 1,5 kg per le orate. Non mancano anche gli stabilimenti di trasformazione, per andare incontro alle esigenze del consumatore moderno e dei professionisti della ristorazione. Da battere, però, c’è la concorrenza estera. Sul mercato italiano, infatti, l’80% del pesce è di importazione. L’obiettivo dell’acquacoltura italiana, quindi, diventa quello di differenziarsi sulla strada della qualità e della sostenibilità. «Il consumo di pesce è aumentato in modo impressionante negli ultimi 10 anni – ci tiene a rimarcare Gilmozzi – Tanto che il Fish dependence day per l’Italia (ossia il giorno in cui si consumano più scorte ittiche di quante se ne producono a livello nazionale) arriva sempre prima».

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