Biologico e Sostenibilità, le Priorità dei Giovani in Vallicoltura

Acquacoltura Giovane

Nelle valli da pesca  sta crescendo una nuova generazione di allevatori ittici. Profili nuovi per un’attività tradizionale, l’acquacoltura, che grazie alla sua intrinseca sostenibilità diventa settore d’avanguardia nella zootecnia. Ma anche opportunità di lavoro e carriera per giovani in vallicoltura che nutrono la speranza di «diventare attori del cambiamento» nella produzione e nei consumi. Sia dietro la scrivania, sia sul campo. Perché anche chi è chiamato a gestire la burocrazia di un’impresa, non resiste al richiamo del mare, della natura, dei pesci. «Quando sono entrata in valle, ho scoperto uno scrigno di saperi: le tecniche di pesca, il mantenimento dell’habitat, l’attenzione al benessere animale. In due anni, ho partecipato anche a molti open day di stabilimenti vicini. Emerge chiaramente come il settore si sposi bene con l’introduzione di nuove tecnologie e capacità digitali aggiornate», conferma Silvia Bertaggia, account manager and executive per Blue Valley. La sua specializzazione sono i carbon credit, che grazie alle attività legate alla pesca biologica estensiva e agli equilibri ecosistemici presenti in Val Dogà possono essere acquistati dalle aziende per compensare le proprie emissioni di Co2. Una nuova frontiera dell’acquacoltura che interpreta la sempre più ampia adozione di parametri ESG da parte delle aziende private e le trasforma in fonti di sostegno per l’attività ittica. «La sola pesca, oggi, non basta per garantire la sostenibilità dell’impresa. Soprattutto se si utilizza un approccio biologico in cui è difficile stimare correttamente il risultato finale. Qui da noi gli avannotti circolano liberi, cibandosi di quello che trovano in natura», racconta la giovane 32enne veneta.

Alle spalle, studi in Economia alla Ca’ Foscari di Venezia. Poi, ruoli di amministrazione e contabilità per imprese dell’agroalimentare e della Gdo. Infine, l’approdo alla Blue Valley, con «la famiglia Zacchello che mi ha aperto le porte dell’azienda». Qui si allevano orate, branzini, cefali dirette al mercato di Chioggia o altri clienti B2B durante il periodo ottobre-gennaio. Ovviamente tutto certificato bio: «Su questo aspetto, dovremmo fare di più. Purtroppo al consumatore finale non arriva ancora la differenza fra un prodotto premium e uno più mass market e il prezzo gioca ancora un ruolo fondamentale nella decisione. Eppure la differenza in bocca si sente», garantisce Bertaggia. Soprattutto per chi è allenato grazie al proprio lavoro: «In questo settore si impara a riconoscere la qualità: se un branzino è buono si vede. E questo ti aiuta a sviluppare una certa sensibilità anche verso gli altri prodotti, premiando materie prime naturali piuttosto che processate», aggiunge Stefano Cucchelli, 27 anni, che ha deciso di seguire le orme del papà, decano del settore.

Attualmente, si occupa della gestione dell’azienda Valle Pantani che si estende su una superficie complessiva di 140 ettari (vigneti compresi) nelle zone umide della laguna di Marano e Grado, tra le foci dei fiumi Isonzo e Tagliamento. «Dopo la terza media, ho deciso di dedicarmi al lavoro in valle. Grazie all’esperienza di mio padre, che si è sempre dedicato a questa attività in diverse aziende, ho avuto la possibilità di entrare in Valle Pantani – racconta Cucchelli – Un mondo particolare, quello dell’acquacoltura, molto vario: dallo sfalcio dell’erba alla vendita diretta del martedì, non c’è mai una routine fissa e nemmeno le classiche 8 ore di ufficio. E stare all’aperto, libera la mente». Una scelta di vita, prima di tutto. In cui c’è ancora spazio per crescere: «Mi sento attore della sostenibilità, un profilo in divenire, con tanti altri segreti e tecniche da imparare da chi fa questo lavoro da più tempo di me», conclude Cucchelli. Soprattutto per rispettare un prodotto di alta qualità come orata, branzino, cefalo e muggine. Tutto certificato biologico.

Certificazione sempre più ricercata dalle aziende produttrici che hanno bisogno di figure ad hoc per gestirle. Come Michele Benazzi, 35 anni, background di studi universitari in Biologia e ora quality manager per Valle Ca Zuliani: «Principalmente affianco il responsabile di produzione e stabilimento per il mantenimento delle certificazioni aziendali, la qualità dei processi, le norme Haccp e la programmazione della produzione». Un esempio di come l’interscambio generazionale sia pratica quotidiana nell’acquacoltura. Prima di questa esperienza, avviata due anni fa, infatti, per Benazzi c’era stato un passaggio nel settore agroindustriale. Ma l’interesse per i pesci rimaneva forte: «Ci vuole una forte passione per lavorare in questo settore. E magari anche qualche competenza pregressa. In generale, penso che avendo perso il 75% delle specie marine disponibili, il futuro del mercato ittico non possa che essere l’allevamento. Sebbene ora il settore possa sembrare in difficoltà a causa dell’aumento dell’inflazione e dei costi energetici, si tratta di aspetti congiunturali lasceranno spazio a uno nuovo slancio», assicura. Tre le attività su cui scommettere secondo il 35enne: avannotteria (di cui Valle Ca Zuliani possiede due stabilimenti a Pila e Monfalcone), pesce a pezzatura per il mercato (meglio se biologico) e pesce di valle

Foto Copertina @Stefano Cucchielli

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