L’acquacoltura è un lavoro da giovani? Sì, parola di chi ci è riuscito

Acquacoltura Giovane: – Le nicchie dell’ allevamento di pesci

«La passione per l’aria aperta, il territorio e gli animali. Ma soprattutto il desiderio e la sfida di trovare un’alternativa sostenibile alla produzione zootecnica locale, che da sempre gravita attorno a bovini, ovini e ovicaprini». Così risponde Diego Raviscioni, 30 anni, da due titolare di un’azienda di acquacoltura in Valchiavenna, a chi gli chiede perché ha deciso di lasciare un posto sicuro nell’azienda di edilizia di famiglia e percorrere la strada dall’allevamento ittico. Un condensato di entusiasmo e determinazione che illumina le opportunità di impiego e imprenditoria dell’acquacoltura verso le giovani generazioni.

Alla ricerca di nuove leve, infatti, il comparto è alle prese con un passaggio generazionale che si lega a doppio filo, da un lato, con le esigenze di sostenibilità molto sentite dai giovani e, dall’altro, con la necessità di innovare un’attività quanto mai essenziale in un momento di forte stress per la filiera zootecnica e agroalimentare. «Mi sono innamorato a prima vista di questo impianto e di questa attività – confida Raviscioni – Successe quando, per alcuni lavori di muratura, il titolare dell’azienda chiamò l’impresa di famiglia. Una volta arrivato qui mi son subito reso conto di come tutto fosse gestito a regola d’arte. Ho capito velocemente di essere di fronte a un vero e proprio gioiello all’aria aperta. Tutto era estremamente curato e in ordine. Le trote, a partire dalle più piccole fino ad arrivare a quella he superavano i 5 kg erano perfettamente selezionate e sane. Frutto di un lavoro che il proprietario originario aveva portato avanti negli anni dando forma a una filosofia produttiva e a un’etica del lavoro che ancora oggi sta pagando e custodisco con molta attenzione».

Nel 2020, la firma per rilevare l’azienda nata negli anni ’60 che si trova nel comune di Somolaco, 10 km da Chiavenna. Poi due anni di lavori per rimettere in moto l’impianto, precedentemente svuotato dalla società che aveva provato a rilevarne la gestione dal fondatore ma ha dovuto desistere a causa delle difficoltà di trovare manodopera. «Io sono partito dalle uova e, nel giro di un anno e mezzo, sono riuscito ad andare a regime», spiega Raviscioni. Non solo a livello produttivo, con le uova che si trasformavano in pesce e le prime vendite, ma anche a livello economico. «Fortunatamente, non ho avuto bisogno di aiuti finanziari esterni. Ma questo non toglie che anche per me sia stata una scommessa che, per ora, posso dire che mi ha ripagato».

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Diego Raviscioni nel suo impianto (Foto @Enus Mazzoni)

Nell’allevamento, che utilizza acqua a temperatura costante captata da pozzi artesiani, nuotano la trota iridea, salmerino di fonte e, in minima parte, persico reale. Un ventaglio di specie che, in sette mesi di vendita diretta, ha garantito circa 600 quintali di prodotto ittico. «Si tratta di materia prima di qualità. Un aspetto secondo me ancora troppo spesso sottovalutato ma che è la vera e propria forza e il futuro di questo settore nonostante i recenti rincari relativi a energia, mangimi e ossigeno che mi hanno costretto a rivedere a malincuore i prezzi di vendita, operazione che ha un po’ rallentato la fidelizzazione del cliente», rivela Diego Raviscioni. Prospettive di crescita che possono contare su basi solide. Anzi, solidali: «Oltre al proprietario originario, che ancora mi segue e mi consiglia, i colleghi sono molto aperti al confronto, c’è curiosità nei confronti delle giovani generazioni ma anche la consapevolezza che il settore, per progredire, deve gestire nel migliore dei modi il passaggio generazionale e generare un circolo virtuoso anche dal punto di vista commerciale. In generale, rispetto al mondo dell’edilizia da cui provengo, c’è meno competizione e più collaborazione. Anche perché, a dirla tutta, non siamo in tanti e dare una mano al tuo vicino significa fare il bene di tutto il comparto», aggiunge Raviscioni.

Un atteggiamento che, soprattutto per attirare giovani imprenditori, dovrebbe essere adottato anche dalle istituzioni. «Faccio un esempio – afferma il giovane piscicoltore – rispetto alle altre tipologie di allevamento zootecnico, chi si avvicina all’acquacoltura non ha accesso agli stessi fondi per avviare la propria attività. Per questo, a quanti decidessero di intraprendere un percorso come il mio, consiglio di valutare attentamente l’investimento e, nel caso si dovesse rilevare un’attività già avviata, prestare attenzione agli aspetti di sostenibilità economica e finanziaria». Anche perché il lavoro da fare è sempre tanto: «Ci vuole tanta passione e una buona dose di programmazione. D’altronde si ha a che fare con esseri viventi, i pesci, che hanno bisogno di cure quotidiane». Ma proprio questo è anche uno degli aspetti più interessanti che hanno convinto Raviscioni a buttarsi: «I pesci evolvono ogni giorno e questo fa sì che ogni giorno ci sia qualcosa di nuovo da imparare. L’esperienza dei colleghi può aiutare, ma poi bisogna sporcarsi le mani, affrontare sfide sempre difficili ma allo stesso tempo avvincenti. Uno stimolo che, forse, manca in molte tipologie di lavoro in cui oggigiorno i miei coetanei sono impegnati. A loro dico: se avete una forte passione per gli animali e cercate un lavoro all’aria aperta, a stretto contatto con l’ambiente e con prospettive di crescita allora l’acquacoltura può essere il vostro futuro».

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Foto Copertina @Diego Raviscioni

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